Corso di aggiornamento 'Epidemiologia dei mesoteliomi maligni in Italia' Trieste, 7 maggio 2010, MIB School of Management

Quali sono gli ambienti di lavoro ove l’amianto ha lasciato e sta a tutt’oggi lasciando una scia di morte senza soluzione di continuità? Quale ruolo possono svolgere importanti strumenti di analisi dei dati raccolti dagli esperti come i Registri dei Mesoteliomi, tanto a livello regionale quanto a livello nazionale? A queste e ad altre domande si è cercato di rispondere nel Corso di Aggiornamento sul tema ‘Epidemiologia dei mesoteliomi maligni in Italia’, tenutosi venerdì 7 maggio scorso presso il MIB School of Management del Ferdinandeo a Trieste su iniziativa del Registro Mesoteliomi della Regione Friuli Venezia Giulia, di cui è responsabile la dottoressa Renata De Zotti, al quale va un plauso per l’ottima organizzazione dell’evento, grazie anche alla professionalità dimostrata dagli oratori che vi hanno partecipato.
Hanno rappresentato l’EARA nell’occasione il segretario Renato Milazzi e l’autore del presente articolo.
Il Corso, che ha avuto luogo nel salone principale del MIB gremito in ogni ordine di posti, si è svolto in due fasi. Nella mattinata, dopo i saluti al pubblico e la presentazione da parte del dott. Roberto Ferri (direttore Area Prevenzione e Promozione Salute, regione aut. FVG) e del dott. Mauro Melato (Presidente della Commissione Amianto, regione aut. FVG), si sono susseguiti gli interventi – brillantemente moderati dal dott. Massimo Bovenzi (U.C.O. Medicina del Lavoro, Trieste) – del dott. Alessandro Marinaccio, del Registro Nazionale Mesoteliomi (Roma); del dott. Dario Mirabelli, del Registro regionale Mesoteliomi del Piemonte; del dott. Stefano Silvestri, del Registro regionale Mesoteliomi della Toscana; del dott. Pietro Gino Barbieri, del registro Mesoteliomi della Provincia di Brescia; e della stessa Renata De Zotti. Nel pomeriggio, moderati dal dott. Corrado Negro (U.C.O. Medicina del Lavoro, Trieste), sono intervenuti anche il dott. Enzo Merler, del Registro regionale dei Casi di Mesotelioma del Veneto, ed il dott. Fernando Luisi, dell’INAIL regionale FVG.
Il dott. Marinaccio ha elogiato la Regione Friuli Venezia Giulia come una fra le più virtuose nello studio e nelle cure del mesotelioma, ed ha altresì evidenziato che – contrariamente a quanto viene dato a credere – è l’edilizia il settore in Italia che sta registrando il più alto numero di casi della suddetta malattia, mettendo addirittura in secondo piano settori un tempo ritenuti fra i più pericolosi per la salute come la cantieristica navale e le aziende specializzate nella demolizione di materiale rotabile ferroviario. Un attento monitoraggio viene svolto dalle istituzioni sanitarie e scientifiche oggigiorno soprattutto su quei lavoratori impiegati nelle bonifiche dell’amianto.
Il dott. Mirabelli, la cui relazione si è svolta in due fasi, ha illustrato a grandi linee la situazione amianto a livello mondiale per quanto concerne quei Paesi come il Brasile, il Canada, la Cina, l’India e la Russia, che non intendono cessarne né la produzione né l’esportazione, e ricorda che la prima registrazione della mortalità da mesoteliomi a livello nazionale avvenne in Inghilterra nel 1967, con la menzione sul certificato di morte della stessa malattia. In quell’anno furono ben 2100 i casi registrati. Nella seconda fase, Mirabelli ha relazionato sulle esposizioni extraprofessionali all’asbesto in Piemonte: la percentuale dei mesoteliomi dovuti a questo fattore si attesta sul 10,6%.
Il dott. Silvestri ha dato una linea di continuità alla relazione di Marinaccio, restando in tema di edilizia ed evidenziando i rischi corsi dagli operatori del settore, come i manovali ed i muratori, soprattutto nei rami delle demolizioni, trivellazioni e perforazioni; nell’uso e nella manutenzione di macchinari con parti contenenti amianto (ferodi); nella rimozione di opere idrauliche, come le condotte idriche, ove è stata fatto largo impiego della micidiale crocidolite. Aumenta il periodo di latenza della malattia, e in 1461 casi di mesotelioma accertati gli ammalati hanno visto almeno un periodo di lavoro nel settore in questione.
Un altro ramo industriale che purtroppo non è immune da casi di mesotelioma è quello del tessile: il dott. Barbieri, nel corso della sue relazione, anch’essa in due fasi, ha illustrato dati alla mano che dal 1978 al 2004 nella sola provincia di Brescia sono stati rilevati 335 casi di operaie colpite da mesotelioma. A parziale spiegazione di ciò, nei telai Sulzer, di fabbricazione elvetica, utilizzati per la tessitura del cotone, i dischi della frizione erano in amianto crisotilo. Il registro regionale mesoteliomi della Lombardia riconosce l’esposizione certa per coloro che hanno lavorato nel settore suddetto. Tuttavia, se c’era necessità di ribadirlo, nella seconda fase del suo intervento Barbieri, parlando del conteggio delle fibre di amianto nei tessuti, indica i lavoratori delle fabbriche di cemento amianto del bresciano come fra i più a rischio, con casi recanti un carico di cento milioni di fibre/litro.
La dott.ssa De Zotti ha relazionato sui mesoteliomi nel genere femminile. Seppure il numero di donne che lavorano è indubbiamente inferiore a quello degli uomini, esse rappresentano il 30% della casistica legata ai mesoteliomi. Inoltre rappresentano il 62% quelle donne che hanno contratto un mesotelioma a seguito di un’esposizione non tutelata dal punto di vista assicurativo. L’esposizione extraprofessionale avviene prevalentemente in famiglia attraverso il coniuge lavoratore (64% dei casi) ed i genitori (23% dei casi).
Il dott. Merler, dopo aver iniziato con una relazione sui problemi aperti a seguito della denuncia e riconoscimento dei mesoteliomi, ha illustrato tre documenti poco conosciuti risalenti agli anni 1984, 1986 e 1987 i quali hanno messo in evidenza dati non noti ai più. Appurato che l’esposizione all’amianto e le concentrazioni di tale sostanza, sia in ambito lavorativo che paralavorativo, possono essere assai diversificate, una volta che le fibre penetrano nell’organismo quelle dell’amianto crisotilo vengono distrutte dopo alcune settimane, o al massimo entro qualche mese, mentre le fibre dell’anfibolo hanno tempi assai più dilatati, con maggior rischio di insorgenza del mesotelioma.

Sergio Sghedoni