Ridurre i morti ed i malati eliminando l’amianto dal territorio italiano

Il Coordinamento Nazionale Amianto si associa alla soddisfazione dei familiari delle vittime e dell’Associazione Esposti ‘Amianto mai più’ di Monfalcone a seguito della sentenza del 15 ottobre 2013 del Tribunale di Gorizia che ha visto la condanna di 13 imputati con pene da due a sette anni di reclusione per la morte di 85 operai dei Cantieri di Monfalcone a causa di esposizione all’amianto.

Il CNA ha indetto una manifestazione a Roma davanti alla Camera dei Deputati l’8  ottobre scorso  per chiedere un adeguato finanziamento al Piano Nazionale Amianto da inserire nella legge di stabilità. Si vogliono ridurre i 4.000 morti l’anno per malattie da amianto togliendo con un progressivo intervento di bonifica le 30 milioni di tonnellate d’amianto stimate su tutto il territorio nazionale.

Lo stesso giorno 8 si sono avuti due incontri importanti: il primo con la Commissione Ambiente della Camera (pres. On. Ermete Realacci), il secondo presso il Ministero del Lavoro (sottosegretario on. Jole Santelli); il giorno 14 al Ministero dell’Ambiente (capo ufficio della segreteria tecnica: cons. Massimiliano Atelli). In precedenza vi è stato un incontro al Ministero della Salute.

COSA SI E’ CHIESTO:
– 70 milioni l’anno per 3 anni al fine di bonificare i 380 siti maggiormente contaminati  da amianto  a partire da 116 scuole di ogni ordine e grado, 37 ospedali, case di cura, case di riposo, 86 uffici della pubblica amministrazione, 27 impianti sportivi, 8 biblioteche e almeno 4 grandi siti industriali dismessi;
– Una campagna nazionale di informazione sui danni e rischi da amianto;
– La verifica dei 19 siti adibiti a discarica e dei 720 siti adibiti a deposito di amianto;
– L’individuazione di discariche alternative (miniere e gallerie in disuso) e di alternative alle discariche (inertizzatori);
– L’utilizzo delle incentivazioni previste per sostituire le coperture in amianto con impianti fotovoltaici.
– 60 milioni l’anno per 3 anni per i lavoratori ex esposti all’amianto che si trovano ad avere una riduzione della speranza di vita e maggior rischio di ammalarsi per attuare quanto già previsto dalla legge di messa al bando dell’amianto (257/92)misure di riapertura delle domande per i risarcimenti previdenziali, riconoscimenti dei medesimi per i pensionati prima del 1992, eliminazione del termine di decadenza, ed infine sostegno alle vedove.
– Allargamento della platea degli aventi diritto al Fondo per le vittime dell’amianto a coloro che hanno contratto malattie e morte (loro eredi), per l’amianto diffuso in ambienti di vita, utilizzando fondi INAIL per un importo pari a 40 milioni di euro sempre per tre anni.

Conferma dei finanziamenti per la sorveglianza sanitaria degli ex esposti, per la ricerca clinica per combattere le malattie più gravi correlate all’amianto; ampliamento delle registrazioni delle morti da amianto (registro dei mesoteliomi e delle altre patologie)

Si richiede quindi ai Ministeri della Salute, dell’Ambiente e del Lavoro insieme ai Ministeri dell’Economia, dell’Istruzione e della Difesa, di provvedere ad inserire i finanziamenti nella legge di Stabilità. Il CNA ne seguirà l’iter, presentandosi, se sarà il caso, di nuovo davanti al Parlamento.

Il giudice del lavoro, dott. Roberto Riverso ha così commentato la sentenza del Tribunale di Gorizia:
” E’ stata emessa ieri una prima sentenza sui morti di amianto ai cantieri navali di Monfalcone da parte del Tribunale di Gorizia che ha condannato 13 imputati per 85 operai morti, con pene che vanno da due a sette anni di reclusione. Si tratta, dopo una lunga attesa, di un primo riconoscimento; importante per le vittime, i parenti e i colleghi di lavoro; perché senza un processo giusto, un lavoratore viene ucciso due volte; ed il lavoro uccide anche chi rimane; mentre per i familiari la giustizia può aiutare ad elaborare, servire a dare concretezza alla loro morte ed a rimettere insieme una storia. Per fare tutto questo servirebbe una giustizia più sensibile e solerte; giudici e pubblici ministeri consapevoli che la c.d. crisi della giustizia o la mancanza di dignità del lavoro non è sempre responsabilità delle mancanza di riforme, o dell’Europa, o della globalizzazione; che si tratta spesso di una responsabilità che abbiamo sotto il naso e ci interpella direttamente; come giudici. Dinanzi a tragedie immani come questa di Monfalcone la sola composta richiesta delle vittime e dei colleghi della associazioni delle vittime è da sempre nient’altro che quella della Giustizia (“ci aspettiamo giustizia, vogliamo che sia resa giustizia”). E per questo che colleghi e familiari aspettano commossi le sentenze dei giudici.”